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Quadro storico-culturale della presenza albanese in Italia

L’ emigrazione albanese in Italia è avvenuta in un arco di tempo che abbraccia circa tre secoli, dalla metà del XV secolo alla metà del secolo XVIII. Come osserva il Çabej, “ insieme ad altre cause di natura economica e sociale, lo spirito di libertà e di indipendenza che ha animato il popolo albanese nel corso della sua storia, è stato uno dei moventi che lo hanno spinto all’abbandono dei luoghi aviti e alla ricerca di una nuova patria nei paesi d’oltremare, quando l’Albania cadde sotto la dominazione turca”. Questa emigrazione non si compì ad un tratto, ma a varie ondate, anche se la maggior parte delle colonie albanesi furono fondate dopo il 1468, anno della morte dell’eroe nazionale, Giorgio Castriota Scanderbeg. La migrazione continuò a più riprese nel corso dei secoli successivi, fino al 1744, anno in cui venne fondata Villa Badessa in Abruzzo. Essi trovarono in queste nuove terre un ambiente culturale favorevole che permise loro di esprimere un importante e originale contributo di opere e di idee nell’ambito del Rinascimento europeo. Dai documenti di cui si dispone si sa inoltre che passaggi di gruppi sporadici di albanesi in Italia, hanno avuto luogo anche prima dell’ invasione ottomana, e precisamente nel 1272, nel 1338 e nel 1393. L’emigrazione albanese si indirizzò soprattutto nelle regioni rivierasche del regno di Napoli (Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria e Sicilia) per la vicinanza geografica, ma anche per le buone relazioni esistenti tra il Castriota e i re di Napoli della Casa d’Aragona. Gli albanesi in Italia fondarono o ripopolarono quasi un centinaio di comunità, la maggior parte delle quali decentrate in Calabria. Gli immigrati albanesi costituirono qui colonie di contadini e di soldati alle quali venne data piena autonomia amministrativa; fu loro concesso di fondare o di ripopolare nuovi villaggi, dopo aver stipulato favorevoli “capitoli” con feudatari del luogo. Questa regione stancata dalle lotte, presentava vivi segni della decadenza civile ed economica, se a questi motivi si aggiunge il succedersi abbastanza frequente dei terremoti, come quello disastroso del 1456 abbiamo un quadro pressoché completo che ci aiuta a comprendere il perchè delle vantaggiose proposte di insediamento offerte ai profughi albanesi dai baroni ecclesiastici e laici. Ma solo alla fine del ‘500 e agli inizi del ‘600 si assiste alla costituzione di vere e proprie comunità albanesi, col loro rito religioso, le loro feste, il loro costume e la loro lingua. *


La 1ª trasmigrazione albanese in Italia avvenne nel 1448 in Calabria ed in Sicilia.

La 2ª avvenne tra il 1461 e il 1462.

La 3ª si effettuò in più riprese, ed ebbe luogo tra il 1468 e il 1506, dopo la morte di Scanderbeg ad Alessio (1468), e prima della presa di Kruja e di tutta l’Albania da parte dei Turchi. Quei profughi, con l’aiuto dei Veneziani e alla guida di Giovanni ed Elena Castriota, sbarcarono nelle coste ioniche, fondarono nuovi paesi o ripopolarono casali preesistenti che ancora oggi conservano la lingua madre. Tra i tanti stanziatisi nella provincia di Cosenza: Plataci. Alcuni gruppi di questo contingente andarono anche in Sicilia, altri nelle Puglie e nel Molise.

La 4ª avvenne nel 1534.

La 5ª avvenne nel 1647.

La 6ª avvenne invece nel 1744.

La 7ª ed ultima trasmigrazione storica avvenne verso la fine del secolo XVIII (tra il 1759 e il 1825 ).**

* I DIALETTI ITALO – ALBANESI
a cura di Francesco Altimari e Leonardo M. Savoia
BULZONI Editore

** Ricerche e Studi di Costantino Bellusci