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Francesco Chidichimo

Papàs Francesco Chidichimo è nato a Plataci il venti marzo 1915, da Serafino e da Caterina De Paola. Dopo aver ultimato gli studi nel Seminario di Grottaferrata (RM) entra nel Collegio Greco di Roma. Terminati gli studi di filosofia e di teologia, presso l’università pontificia dell’ “Angelicum” di Roma, viene ordinato sacerdote da Mons. G. Mele, il ventuno aprile 1940, nella chiesa Sant’Atanasio.

Durante la permanenza nel Collegio si distinse per la spiccata intelligenza e per la cultura. Aveva, fin d’allora, una “forma mentis” lungimirante, che, sempre, lo rese saggio e gli fece avere una larga visione delle cose.

Come rappresentante del Collegio greco, in qualità di diacono più grande, prese parte all’incoronazione papale di Pio XII nella Basilica Vaticana di San Pietro in Roma.

Manifestò più volte le sue mature intuizioni, soprattutto quando assecondò, da consigliere presbiterale diocesano, il provvedimento di Mons. Giovanni Stamati di ripristinare l’antica tradizione apostolica che conferiva gli ordini sacri a uomini sposati. Si battè, inoltre, per l’inserimento della lingua arbëreshe nella liturgia delle Comunità albanofone dell’Eparchia di Lungro.

Don Ciccio è stato sempre molto umano e per questo tutti gli vollero bene. Al tempo in cui era parroco di Plataci papàs Giuseppe Ferrari, don Ciccio venne nominato, dall’allora vescovo Mons. G. Mele, economo curato fino al sei ottobre 1940, e dopo arciprete della parrocchia di S. Giovanni Battista di Plataci che seguì con cura e affezione. Nei primi anni del suo apostolato a Plataci fonda, in collaborazione con l’allora assistente diocesano della GIAC, papàs G. Stamati (poi vescovo di Lungro), l’Azione Cattolica parrocchiale e nel 1941 apre in parrocchia le prime scuole medie serali, per mezzo delle quali ha istruito e avviato tanti giovani nel mondo del lavoro. Dal 1963 al 1984 è stato insegnante di religione cattolica e fiduciario nella scuola media statale del paese.

Molti hanno scritto su di lui per evidenziare il fervore ed il coraggio con cui ha sempre denunciato i gravi mali sociali che penalizzavano i più deboli e per far conoscere il temperamento di un sacerdote coraggioso che non aveva “peli sulla lingua”. Parlava con tutti senza reticenze e pregiudizi e si batteva, continuamente, in favore del bene comune, richiamandosi spesso a quel “evzin aristotelico della polis”, poiché amava la giustizia, la democrazia, la libertà e la verità.

È stato un prete sempre molto impegnato nel sociale, protagonista di alcune rilevanti iniziative umanitarie. Nei duri anni del dopoguerra collaborò anche alla formazione dei primi comitati civici e di liberazione.

I suoi articoli furono molto apprezzati, sia per l’onestà intellettuale che per l’analisi sobria e la validità degli argomenti trattati. In “Bilinguismo zoppo”, riguardante la corretta parlata della lingua albanese e di quella italiana nei paesi arbëreshë; “Quando e quali titoli d’insegnamento dell’albanese nelle scuole”, concernente l’urgenza dello studio e della conoscenza di una lingua comune a tutti gli arbëreshë; “Vocazione in cifre” riguardante la crisi del sacerdozio. Ricordiamo, ancora, altri due suoi importanti articoli: “Lettera aperta di consenso e di solidarietà a don Giuseppe Ramundo” e “1981: anno pro handicappati”. In questi due scritti emerge l’animo nobile di don Ciccio sempre pronto a difendere e sostenere le persone più fragili, soprattutto gli anziani e i disabili. Egli, nel 1992, ha promosso anche il primo incontro comunitario di preghiera degli Arbëreshë dell’Alto Jonio. Con il permesso dei Vescovi di Cassano allo Jonio e di Lungro inaugurò, con una solenne Divina Liturgia, nella chiesa “Cuore Immacolato della B. V. Maria” di Trebisacce, alla presenza del clero greco e latino, la prima adunanza di preghiera degli Italo-albanesi dell’Alto Jonio.

Determinante è stato il suo incoraggiamento verso il vescovo Stamati per la realizzazione dell’opera di assistenza e di accoglienza diocesana sorta a S. Cosmo Albanese, come pure l’interessamento per la costruzione dell’asilo parrocchiale e della canonica di Plataci.

Morì il 17 aprile 2005.