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Demetrio Chidichimo

Demetrio Chidichimo, nacque a Plataci (Cs) il 12 luglio 1846 ed era figlio di Pietro e di Serafina Camodeca da Castroregio (Cs). All’età di sei anni entra nel seminario-collegio di Sant’Adriano a San Demetrio Corone dove completa gli studi e nel 1864-66 viene ordinato sacerdote. Poeta di facile vena e letterato versatile. Profondo conoscitore del latino e del greco da cui tradusse in terzine dantesche il “Salterio di Davide” del quale alcuni salmi sono ancora inediti. Pubblicò tante belle poesie in arb?reshe, e in italiano e partecipò entusiasticamente, con altri scrittori e con l’azione al movimento per l’indipendenza dell’Albania e alla rinascita letteraria (Rilindja) Italoalbanese. Tutto il suo talento letterario gli procurò la lode del Pascoli, di Padre Ciuti, di insigni prelati e del grande umanista F.S. Alessio con i quali il Chidichimo aveva continui scambi epistolari. Il 2 ottobre 1895 papàs Chidichimo è presente nel Congresso Linguistico Albanese, riunitosi a Corigliano (Cs), per la compilazione di un dizionario shqip-arbëresh. Il 22 aprile 1900 partecipa, invece, alla riunione del Comitato Nazionale albanese “Pro Patria” in Roma, giuntovi in concomitanza di un pellegrinaggio cattolico e manda ai fratelli di oltre Adriatico un affettuoso saluto, che sia di incoraggiamento a perseverare nella via della concordia e che gli intendimenti di sua istituzione si concretino intorno alla lingua nazionale. Il prof. Giovanni La Viola scrive e commenta le opere del Chidichimo e dice testualmente di lui: “…..dotato di facile vena scrisse su vari argomenti e fece di Plataci, suo paese natio, un piccolo centro di albanesità pura. Demetrio Chidichimo - continua lo storico Laviola – partecipò entusiasticamente con gli scritti e con l’azione al movimento per l’Indipendenza dell’Albania…”. L’attaccamento all’antica Madre Patria era così sentito dal Chidichimo, sì da infiammarlo alla lotta contro gli oppressori dell’eroico popolo albanese”. Identico intenso amore egli sente per la Patria di adozione, l’Italia, che “ ….ci raccolse profughi e raminghi, scampando all’ira”. L’attaccamento del Chidichimo per l’indipendenza dell’Albania si evidenzia chiaramente con un’accentuazione quasi violenta in una “Ode” da lui scritta (29 maggio 1899) in appendice al libro “Il Salterio di Davide” : .E da la Neva al Bosforo tremendo/Fuoco di guerra avvampi;ardano i campi,/Ardan le insigne di un potere orrendo,/E poi rifulga il sol tra nebbia e lampi. Oh se lo Skipetaro alza il vessillo,/E’ Dio che vuole la redenzione umana!/ E sciôr ciò del Ciel strinse il sigillo,/E patria e religione, e opra vana! Quasi inorridito da questo tragico quadro di guerra cerca rifugio nell’amore “…Nel solo amore intemerato e puro/Di Christo, Eterna Vittima cruenta, /Pace sia avrà e il sozzo e impuro / Men si dorrà di una trista sementa! ” Qualche anno dopo, il 2 dicembre 1921 a modo di testamento, quasi presagendo la fine (morì quasi un anno dopo, il 26 ottobre 1922), scrisse il sonetto “Pentimento” nel quale con poche pennellate fa la sua biografia: ”….anch’io m’ebbi dal Ciel cuore ed ingegno/E mi nutrì d’amore l’aura natìa,/Ma l’indolenza mi stornò dal segno,/E spense in me vigore e poesia”.